Descrizione
Il costume femminile è tra i più ricchi e noti dell’isola. Già nei primi del 1900 l’assetto dell’abbigliamento popolare del paese ricalca, seppur con differenze relative alla dimensione/quantità dei decori, la foggia attuale. Enrico Costa, nel 1913 ,in “ Costumi sardi”, ci descrive l’abbigliamento popolare sennorese e ci dice:
“Eppure se capitate a Sennori in un giorno festivo, vi recherà meraviglia il vedere abbigliate con un costume di gala le stesse villanelle scalze e quasi cenciose che vi hanno dato il buon giorno sulla strada di Sassari. Donde tanto lusso? La risposta è facile: dai risparmi ottenuti con un lungo e faticoso lavoro. Sono le foglie del palmizio che si sono trasformate in una sottana di panno, in un giubbone di scarlato, in una candida pezzuola di lino. Siffatto costume è caratteristico merita una descrizione...”
L’intera struttura vestimentaria è assai elaborata.
L'acconciatura della testa è caratteristica. il copricapo è formato da quattro fazzoletti: a fasciare i capelli “su tucchè” lasciando in vista una piccola striscia di capelli sulla fronte. Si posa poi un fazzoletto di seta verde acqua o crema, piegato a triangolo e cade sull’omero e sulle scapole, detto “su muccaloru de sa luisina”. Il sottogola è di cotone o tulle bianco ricamato con puti, fiori o motivi geometrici, incornicia il viso cadendo morbido nel retro. completa l’insieme “su biccu” di lino bianco ha una complessa lavorazione a traforo. Ricorda candido e inamidato la cornetta delle suore antiche.
La camicia “sa camìjia” è di tela bianca, di qualità superiore nella parte superiore, e di tela grezza nella parte che funge da sottogonna. E’ ornata da una strisciolina ricamata in bianco allo scollo, da pizzo sangallo sul petto ed a i polsi e da sfilati detti “trappadiglios " molto complessi ai lati dell'apertura verticale, al centro del petto. Si indossa opportunamente “imadonada” (inamidata).
Sopra la camicia “su coipittu” una sorta di giacchetta, che giunge appena sotto la vita, lascia in vista la camicia sul petto, ed ha rigide maniche squartate; è di velluto di seta cremisi “ziupele” e presenta spesso ricami a tecnica mista (canutiglia d'oro e fusetto) arricchiti da strass e perline. Le maniche sono orlate con ruches di organza bianca o pizzo in oro. Gli esemplari più antichi presentano agli avambracci la bottoniera.
Sopra il giubbetto il busto rigido detto “sostigliu” in broccato floreale a fondo chiaro tutto percorso da strisce a spina di pesce di canutiglia d'argento e d'oro , bordate da cordoncini di ciniglia colorate.
Il busto ha un'allacciatura rossa di nastro di seta al centro della schiena che descrive una V e sull’addome.
La gonna di panno nero a pieghe fitte e presenta due balze. l'inferiore di seta o moirè rosso e la superiore di raso in seta panna ricamato a mano con mazzi o ghirlande di fiori multicolore.
Il grembiale è di broccato panna o verde acqua o moirè celeste ricamato a motivi floreale di corolle,margherite foglie, rose e altro, guarnito con le rifiniture del corpino.
il corredo dei gioielli è costituito dai gemelli d'oro che chiudono chiudono la camicia allo scollo. Hanno forma sferoidale, in filigrana con granulazione raccanti nella torretta le iniziali della proprietaria.
Una spilla a chiudere la camicia e la collana di filigrana d'oro composta da numerosi vaghi a forma di bottone detti ognuno “postas” e spesso vi è appesa al centro una crocetta di filigrana o un medaglione.
L'abito domenicale-feriale si differenzia da quello di gala per la gonna, che manca della balza bianca ricamata.
il grembiale è meno ornato e, oltreché celeste, può essere color crema o color albicocca. il giubbetto è di scarlatto e ha applicazioni decorative alle maniche, bianche o celesti spesso ricamate con fiori in seta. oltre che il complesso copricapo, si può portare un fazzoletto ricamato verdone o bianco o uno scialle di seta damascata giallo ocra con frange dello stesso tono.
Le vedove e le donne in lutto stretto avevano un abito strutturato come quello di gala ma nello stato di lutto stretto erano previsti colori più scuri. il giubbetto è di panno rosso con applicazione nere o viola. Il grembiale è di seta fiorata, ciniglia o pizzo. si indossano due gonne pieghettate fittamente e la superiore viene rovesciata sulla testa. In base al grado del lutto cambia il colore della balza della gonna. In periodi più recenti iniziò progressivamente a diffondersi l’uso dello scialle di tibet nero.
E’ il classico abito maschile sardo distinto per il giubbetto, di terziopelo granato con maniche ampie. Ha un modello a doppio petto, guarnita con trina dorata. Le maniche sono aperte dalle ascelle fino ai polsini, stretti agli avambracci da 16 asole con altrettanti bottoni d’argento. La similarità con l’abito femminile è da ricercare dalla probabile intenzione di abbinare i costumi maschili a quelli femminili.
Il copricapo è la classica “ berritta”, di panno di lana nero, di forma tubolare.
La camicia “sa camìjia” è di tela bianca. In corrispondenza dei polsi e del collo presenta una fitta plissettatura detta “s’isfiladu”. Il collo è tipo coreana ripiegato come due code sul davanti in adiacenti alle asole chiuse con bottoncini di filigrana.
I calzoni sono confezionati di tela analoga alla camicia, stretti ai polpacci.
Le ghette sono di fine orbace.
Le “ragas” di fine orbace o panno nero, sono a pieghe sciolte.
Sopra completa l’abito “su gabbanu” di orbace pesante con i risvolti del cappuccio a punta di velluto nero e gli orli delle tasche.
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