IL PAESE

IL PAESE

Le Informazioni

Sennori, disposto ad anfiteatro, si affaccia sul Golfo dell’Asinara, nel nord della Sardegna. Collocato a un'altitudine di 277 metri sul livello del mare, con una popolazione di oltre 7.300 abitanti si estende su una superficie territoriale di 34 chilometri quadrati. Il centro abitato è adagiato su una collina di tufo calcareo, ai cui piedi si distende l'intero arco del Golfo dell’Asinara. Stretto tra i territori dei comuni di Sassari, Osilo e Sorso, Sennori ha un suolo abbastanza fertile e intensamente coltivato; la fanno da padrone le colture dell'olivo, della vite e lungo tutta la vallata solcata dal fiume Silis, quelle degli alberi da frutta e del carciofo. È scarsamente praticata la pastorizia.
Nel centro storico di Sennori e nella periferia si trovano diverse chiese. La chiesa principale, che con la sua facciata e il campanile si può vedere da ogni angolo del paese, è quella di San Basilio eretta in epoca secentesca ma completamente riedificata negli anni cinquanta del XX secolo. Chiese minori sono Santa Croce risalente al 400, il Rosario (completamente ricostruito), Santa Lucia piccola chiesa settecentesca e la chiesa campestre di San Giovanni dove vi si svolge la più importante festa del paese, conosciuta in tutta la Sardegna per l’imponente cavalcata e la sfilata di costumi sardi.
Il territorio comunale di Sennori, ha una disponibilità significativa di risorse culturali e naturalistiche ed è inserita in una più ampia fascia territoriale in relazione con luoghi di alto pregio e forti flussi turistici. Domus de janas, nuraghi e tombe dei giganti si inseriscono in più scenari di forte impatto panoramico. La realtà monumentale del territorio di Sennori appare fortemente legata alla storia dell'acqua e dell'agricoltura. Non è casuale che rilevanti testimonianze archeologiche e interi areali vengano a legarsi distintamente all'elemento idrico, esprimendo attorno a esso significative densità monumentali e antropiche. Si vedano per esempio i siti di "Funtana de Su Anzu" , "Funtana di Sa Conza" (nei cui pressi è individuabile una domus de janas pluricellulare), e "Badde Puttu".
Seguendo le classiche seriazioni per fasi dell'archeologia, il territorio di Sennori presenta un buon numero di Domus de janas, vale a dire piccoli cimiteri familiari ai margini di nuclei di stanziamenti neolitici a base presumibilmente agricola. Di grande pregio strutturale e decorativo è certamente la "domus de janas del Beneficio parrocchiale", si tratta di una delle più interessanti domus de janas della preistoria isolana, di tipo pluricellulare e decorata a rilievo.
La sua afferenza al centro urbano ne fa una qualificata presenza per l'abitato, per i residenti e i flussi di visite. È scavata in un costone calcareo utilizzato ancora nel nostro secolo come cava. Sempre del periodo preistorico si ricorda il complesso Serra Crabiles, comprendente numerose domus de janas che hanno restituito idoletti femminili neolitici.
Le attestazioni nuragiche si esprimono sia con monumenti di tipologia monotorre, sia con complessi articolati e dotati di villaggio. Un esempio è rappresentato dal nuraghe “Badde Margherita”: collocato a sud ovest del ponte Rio Silis, è un tipico nuraghe monotorre. Il complesso “Su Nuraghe” si trova a nord del nuraghe Margherita, dove sono state rinvenute numerose tracce di capanne a pianta circolare. È di straordinario interesse per singolarità tipologica la tomba di giganti di Oridda. Questa costituisce un monumento unico nel suo genere per una serie di caratteristiche che permettono di definirla una tomba di tipo dolmenico e ortostatico. Il monumento è scavato nella roccia ed è interamente foderato in muratura, mentre la facciata è stata monumentalizzata con una stele quadrangolare. All'interno della tomba sono stati rinvenuti gli scheletri di 27 individui, di cui venti tra uomini e donne, sei bambini e un feto. È stata rinvenuta inoltre una importante ceramica che conferma la datazione all'interno del Bronzo Medio.
Il periodo punico non appare ancora documentato con apprezzabile evidenza; di sicuro interesse è il dato della romanizzazione che sembra esprimersi con episodi archeologici relativi a zone autonome  a diretto contatto con precedenti occupazioni nuragiche. La fase medievale ripropone l'antico nome di Romania all'interno del Giudicato di Torres nella Curatoria di Romangia o Romania e Montes, entro la quale è attestato Sennori (assieme a Sassari, Osilo e Sorso).
Il sardo parlato di Sennori, appartenente al troncone linguistico logudorese, e si caratterizza per una particolarità: il plurale femminile viene cambiato al maschile. Alcuni esempi: "le porte" in logudorese "sas jannas", in sennorese "sos jannos"; " le chiavi" in sardo logudorese "sas jais", in sennorese "sos jais". Si pensa che tale fenomeno sia dovuto all'influenza linguistica che il dialetto sennorese ha avuto dai vicini dialetti sorsense e sassarese. Proprio quest'ultimo ha avuto un ruolo importante, in quanto moltissimi sennoresi, con l'espansione commerciale di Sassari, hanno frequentato sempre più costantemente i mercati della vicina città, assorbendone alcune contaminazioni linguistiche.

 

La Storia

Dall’età pre-nuragica all’epoca romana:

la presenza dell'uomo nel territorio di Sennori risale all'età nuragica e pre-nuragica. Se la fase punica non è attestata con certezza, di sicuro interesse è il dato della romanizzazione attestato con episodi archeologici.

1020 circa:

Sennori fece parte della Curatoria della Romangia del Giudicato di Torres.

Epoca successiva al 1300:

il paese appartenne ad una delle tante baronie costituite dagli aragonesi ovvero la baronia Encontrada de Romangia che fu sotto la giurisdizione della famiglia De Senay Pilo Y Castelvì.

1430:

alla baronia Encontrada de Romangia subentrò la curatoria di Gonario Gambella.

1723:

Sennori e la Romangia passarono alla famiglia degli Amat, marchesini San Filippo, che governarono fino alla fine del feudalismo in Sardegna.

1890-1990 circa:

anche Sennori fu scosso da fremiti socialisti a tendenza repubblicana, il cui organo propulsore fu quella Società Operaia denominata 'Popolo Sovrano'.

Uno degli elementi caratteristici di Sennori è la relazione fra il suo territorio collinare e la vicinanza al mare; infatti il paese si sviluppa lungo le dorsali calcaree declinanti verso il golfo dell’Asinara. Pare che in passato Sennori sia stato per molto tempo un luogo di transito: un insediamento sorto soprattutto perché luogo di passaggio tra Osilo e Sorso, tra l’interno e il mare, con costruzioni che dovevano fungere anche da deposito di derrate per molti commercianti locali. Guardando Sennori l’impressione che si ha è quella di un paese che si raccoglie tra una piccolissima parte pianeggiante (le zone di via Umberto e la parte centrale di via Roma) e tutta una parte collinare caratterizzata da strette salite che dalla strada centrale di via Roma arrivano verso gli antichi quartieri di santa Lucia, le Conce e il Monte.

Il centro si trova nella zona di via Umberto, dove ci sono i piccoli negozi (artigiani, botteghe alimentari, etc) e i principali sevizi come le Poste e le banche. Non è caratterizzato dalla presenza di una vera piazza o di altri elementi che possano essere assunti come luogo urbano di riferimento.

Gli altri quartieri più antichi sorgono in prossimità del centro, nella parte più alta del paese: Santa Lucia, il Monte e le Conce. Sia in queste zone che nel centro storico è possibile trovare case della fine del ‘800 e primi del ‘900. Sono costruzioni semplici, ma caratterizzate da stanze con volte a crociera e con antiche pavimentazioni in graniglia decorate con motivi liberty.

Caratteristici sono gli scorci che si possono osservare passeggiando verso i quartieri sopra indicati: strette stradine in pietra, case a due o tre piani con spesso una o due stanze per piano; sono costruzioni molto semplici che si affiancano alle pochissime case che presentano un’architettura più ricercata nell’ornato, sia negli esterni che negli interni.

Affianco ad una delle parti più antiche e centrali del paese, in cui si trovano le domus de janas, c'è una piccola cava in cui è stato creato un teatro all’aperto che domina sul bellissimo panorama del golfo.

A tutto questo si aggiungono altri due elementi che caratterizzano la parte più anticha del paese: la presenza delle fontane e delle chiese (si possono avere maggiori informazioni leggendo gli articoli sotto riportati).

 

IL COSTUME DI SENNORI

DAL 1925-1930 CIRCA

Il costume femminile è tra i più ricchi e noti dell’isola. Già nei primi del 1900 l’assetto dell’abbigliamento popolare del paese ricalca, seppur con differenze relative alla dimensione/quantità dei decori, la foggia attuale. Enrico Costa, nel 1913 ,in “ Costumi sardi”, ci descrive l’abbigliamento popolare sennorese e ci dice:

“Eppure se capitate a Sennori in un giorno festivo, vi recherà meraviglia il vedere abbigliate con un costume di gala le stesse villanelle scalze e quasi cenciose che vi hanno dato il buon giorno sulla strada di Sassari. Donde tanto lusso? La risposta è facile: dai risparmi ottenuti con un lungo e faticoso lavoro. Sono le foglie del palmizio che si sono trasformate in una sottana di panno, in un giubbone di scarlato, in una candida pezzuola di lino. Siffatto costume è caratteristico merita una descrizione...”

L’intera struttura vestimentaria è assai elaborata.

L'acconciatura della testa è caratteristica. il copricapo è formato da quattro fazzoletti: a fasciare i capelli “su tucchè” lasciando in vista una piccola striscia di capelli sulla fronte. Si posa poi un fazzoletto di seta verde acqua o crema, piegato a triangolo e cade sull’omero e sulle scapole, detto “su muccaloru de sa luisina”. Il sottogola è di cotone o tulle bianco ricamato con puti, fiori o motivi geometrici, incornicia il viso cadendo morbido nel retro. completa l’insieme “su biccu” di lino bianco ha una complessa lavorazione a traforo. Ricorda candido e inamidato la cornetta delle suore antiche.

La camicia “sa camìjia” è di tela bianca, di qualità superiore nella parte superiore, e di tela grezza nella parte che funge da sottogonna. E’ ornata da una strisciolina ricamata in bianco allo scollo, da pizzo sangallo sul petto ed a i polsi e da sfilati detti “trappadiglios " molto complessi ai lati dell'apertura verticale, al centro del petto. Si indossa opportunamente “imadonada” (inamidata).

Sopra la camicia “su coipittu” una sorta di giacchetta, che giunge appena sotto la vita, lascia in vista la camicia sul petto, ed ha rigide maniche squartate; è di velluto di seta cremisi “ziupele” e presenta spesso ricami a tecnica mista (canutiglia d'oro e fusetto) arricchiti da strass e perline. Le maniche sono orlate con ruches di organza bianca o pizzo in oro. Gli esemplari più antichi presentano agli avambracci la bottoniera.

Sopra il giubbetto il busto rigido detto “sostigliu” in broccato floreale a fondo chiaro tutto percorso da strisce a spina di pesce di canutiglia d'argento e d'oro , bordate da cordoncini di ciniglia colorate.
Il busto ha un'allacciatura rossa di nastro di seta al centro della schiena che descrive una V e sull’addome.

La gonna di panno nero a pieghe fitte e presenta due balze. l'inferiore di seta o moirè rosso e la superiore di raso in seta panna ricamato a mano con mazzi o ghirlande di fiori multicolore.

Il grembiale è di broccato panna o verde acqua o moirè celeste ricamato a motivi floreale di corolle,margherite foglie, rose e altro, guarnito con le rifiniture del corpino.

il corredo dei gioielli è costituito dai gemelli d'oro che chiudono chiudono la camicia allo scollo. Hanno forma sferoidale, in filigrana con granulazione raccanti nella torretta le iniziali della proprietaria.

Una spilla a chiudere la camicia e la collana di filigrana d'oro composta da numerosi vaghi a forma di bottone detti ognuno “postas” e spesso vi è appesa al centro una crocetta di filigrana o un medaglione.

L'abito domenicale-feriale si differenzia da quello di gala per la gonna, che manca della balza bianca ricamata.

il grembiale è meno ornato e, oltreché celeste, può essere color crema o color albicocca. il giubbetto è di scarlatto e ha applicazioni decorative alle maniche, bianche o celesti spesso ricamate con fiori in seta. oltre che il complesso copricapo, si può portare un fazzoletto ricamato verdone o bianco o uno scialle di seta damascata giallo ocra con frange dello stesso tono.

Le vedove e le donne in lutto stretto avevano un abito strutturato come quello di gala ma nello stato di lutto stretto erano previsti colori più scuri. il giubbetto è di panno rosso con applicazione nere o viola. Il grembiale è di seta fiorata, ciniglia o pizzo. si indossano due gonne pieghettate fittamente e la superiore viene rovesciata sulla testa. In base al grado del lutto cambia il colore della balza della gonna. In periodi più recenti iniziò progressivamente a diffondersi l’uso dello scialle di tibet nero.

E’ il classico abito maschile sardo distinto per il giubbetto, di terziopelo granato con maniche ampie. Ha un modello a doppio petto, guarnita con trina dorata. Le maniche sono aperte dalle ascelle fino ai polsini, stretti agli avambracci da 16 asole con altrettanti bottoni d’argento. La similarità con l’abito femminile è da ricercare dalla probabile intenzione di abbinare i costumi maschili a quelli femminili.

Il copricapo è la classica “ berritta”, di panno di lana nero, di forma tubolare.

La camicia “sa camìjia” è di tela bianca. In corrispondenza dei polsi e del collo presenta una fitta plissettatura detta “s’isfiladu”. Il collo è tipo coreana ripiegato come due code sul davanti in adiacenti alle asole chiuse con bottoncini di filigrana.

I calzoni sono confezionati di tela analoga alla camicia, stretti ai polpacci.

Le ghette sono di fine orbace.

Le “ragas” di fine orbace o panno nero, sono a pieghe sciolte.

Sopra completa l’abito “su gabbanu” di orbace pesante con i risvolti del cappuccio a punta di velluto nero e gli orli delle tasche.

 

Condividi: